Il nattō è un alimento fermentato della tradizione giapponese a base di semi di soia fermentati inoculati con batteri Bacillus subtilis natto. Quando i semi vengono stesi si legano tra loro formando sorprendenti filamenti color caramello, che ricordano il formaggio fuso. Questo aspetto viscido e il suo forte odore di ammoniaca e di cibo fermentato lo rendono poco appetibile ai non iniziati, tanto che il nattō è una delle “delizie” del mondo esposte al museo Disgusting Food (Cibo disgustoso) di Malmö, in Svezia. Eppure il suo sapore non è troppo aggressivo, e ricorda la nocciola.
Secondo un sondaggio condotto nel 2017, i giapponesi non apprezzano in modo unanime il nattō per il suo sapore: solo il 62% di loro lo gradisce, mentre il 13% lo odia. Ciò nonostante tutti lo mangiano per i suoi effetti benefici sulla salute (secondo il detto popolare “un pacchetto di nattō al giorno tiene lontana la morte“). Lo mangiano soprattutto al mattino in una ciotola di riso, con cipolle verdi e un uovo crudo.
I primi riferimenti a questo prodotto di soia fermentato, importato dalla Cina e consumato nei templi buddisti, appaiono in alcuni documenti risalenti all’anno 1000 circa. Un tempo i giapponesi preparavano il loro nattō in casa, avvolgendo i semi di soia bolliti in piccoli pacchetti di paglia di riso. All’inizio del XX secolo sono stati scoperti i batteri coinvolti nel processo, e da quel momento viene prodotto industrialmente.
Una porzione di 100 grammi di nattō contiene circa 18 g di proteine, è altamente nutriente e digeribile, ricca di fibre e ha dei comprovati effetti benefici sul microbiota intestinale. Il Bacillus subtilis natto produce vitamina K2, perciò il nattō è una fonte naturale estremamente ricca di questa vitamina, con possibili effetti positivi per contrastare l’osteoporosi.
Se vi sentite abbastanza avventurosi, alcuni negozi di alimentari asiatici vendono il nattō in porzioni singole. Buona degustazione!
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